martedì 10 marzo 2015

Il presidente della Corte Costituzionale non sa che il Trattato Europeo è anticostituzionale?


A gennaio del '94, governo tecnico dell'ex governatore Ciampi, lo Stato italiano sottoscrive una clausola con le banche dealer dei titoli di Stato nella quale si prevede il pagamento alle stesse banche in caso di uscita dal Trattato di Maastricht e dalla futura moneta unica europea. L'allora ministro "tecnico" delle Finanze era Franco Gallo. Durante il suo ministero furono introdotti per la prima volta gli studi di settore, ovvero quegli strumenti con cui il fisco “stima” i redditi di liberi professionisti e lavoratori autonomi. Nel 2004 Ciampi ( divenuto presidente della repubblica ) nomina  Franco Gallo come giudice "costituzionale" e nel dicembre 2011 ( governo Monti ) viene nominato vice presidente della stessa corte costituzionale. Nel 2014 ne diviene presidente. E' mai possibile che un giudice COSTITUZIONALE non si sia accorto dell'incostituzionalità del Trattato Europeo che istituisce l'Eurosistema e la moneta Euro ?

Quelle clausole che lui firmò sono state oggetto di un'interrogazione parlamentare dell'on. Renato Brunetta che qui riportiamo fedelmente con le relative risposte del sottosegretario.
Nell'interrogazione parlamentare Brunetta accusa l'attuale governo Renzi ed il ministro delle Finanze , Padoan, per non essersi costituito parte civile contro le società di rating nel processo di Trani
( di seguito trovate i video del suo intervento alla Camera )
RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, partiamo da un semplice dato di fatto: ieri mattina non si è presentato nessun avvocato dello Stato a rappresentare il Governo italiano nel processo di Trani contro Standard & Poor's e Fitch; ciò significa che in caso di condanna per manipolazione del mercato delle agenzie di rating lo Stato italiano potrà chiedere i danni solo in sede civile, magari tra una ventina d'anni. Nella giornata di ieri il tribunale di Trani, riscontrata pure alla seconda udienza l'assenza del Ministero dell'economia e delle finanze, ha ammesso tutte le parti civili che ne avevano fatto richiesta – Adusbef, Acu e Federconsumatori – e una ventina di risparmiatori e, come persone offese, Banca d'Italia e Consob. Al di là di ogni polemica politica, la decisione del Ministero dell'economia e delle finanze di non costituirsi parte civile lascia obbiettivamente sbalorditi, letteralmente sbalorditi, soprattutto dopo il deposito di nuovi atti da parte della pubblica accusa da cui risulta che il Ministero dell'economia, dopo il declassamento del rating dell'Italia da A a BBB+ deciso da Standard & Poor's nel 2011, pagò a Morgan Stanley 2,6 miliardi di euro, ripeto, 2,6 miliardi di euro – per quelli della mia generazione oltre 5 mila miliardi delle vecchie lire – così come previsto da una clausola del contratto di finanziamento della banca d'affari statunitense. Per memoria, ricordo che questa cifra è circa la metà o poco più della metà di quanto perso in quella famosa estate-autunno del 2011 con la febbre dello spread che doveva portare, secondo taluni, al collasso del nostro Paese. Metà di quella cifra, che è stata persa con la febbre dello spread, è stata pagata sull'unghia, cash, a Morgan Stanley per una clausola di un contratto derivato. Poiché Morgan Stanley è tra gli azionisti di McGraw Hill, il colosso che controlla Standard & Poor's – questa è la notizia, signor Presidente – secondo la procura il pagamento rappresenta un forte elemento indiziario a carico di Standard & Poor's, vale a dire un azionista di una società di rating che guadagna da una clausola contenuta in un derivato, frutto di un declassamento effettuato dalla stessa società di rating da cui l'azionista ha avuto questo piccolo guadagno. Un pagamento – anche questa è una cosa, signor Presidente, molto interessante – disposto senza battere ciglio. Sappiamo tutti quando abbiamo un credito con lo Stato quanto sia difficile riscuoterlo. Bene, Morgan Stanley ha riscosso subito, immediatamente, senza battere ciglio, dal Ministero dell'economia e delle finanze 2,6 miliardi di euro. Un pagamento, dicevamo, disposto dopo un declassamento del rating italiano che l'accusa definisce effettuato illegittimamente e dolosamente da Standard & Poor's al solo fine di danneggiare l'Italia, con un'operazione di manipolazione del mercato aggravata dalla rilevante offensività – perché il reato è commesso ai danni di uno Stato sovrano – e da una rilevantissima gravità del danno patrimoniale provocato. Un pagamento che deriva da una clausola oscura del contratto di finanziamento tra il Ministero dell'economia e delle finanze e la banca d'affari americana: una clausola su cui il possesso di azioni di McGraw Hill da parte di Morgan Stanley pesa come un macigno. Lo ripeto ancora una volta per chi non avesse capito: Morgan Stanley è azionista di McGraw Hill e McGraw Hill controlla Standard & Poor's; Standard & Poor's declassa di due gradini il rating dell'Italia e grazie a questo declassamento, indietro per la filiera, Morgan Stanley guadagna sull'unghia 2,6 miliardi di euro, pagati sull'unghia.
Ma veniamo proprio alla clausola dei rapporti del MEF con le banche d'affari. Dalle carte emerge che, a partire dagli anni Novanta, ci furono contratti di finanziamento tra il Ministero dell'economia e delle finanze e le banche d'affari statunitensi, con clausole bilaterali che prevedevano che in qualsiasi momento i contratti potevano essere chiusi e sarebbe stato liquidato l'attivo alla parte cui spettava; per motivi mai spiegati, con Morgan Stanley la clausola era unilaterale e poteva essere esercitata dalla banca al verificarsi di due condizioni, ascolti, ascolti, signor Presidente: il declassamento dell'Italia e se vi fosse stata un'esposizione elevata verso il nostro Paese, se cioè la banca avesse avuto in portafoglio una quantità di titoli italiani che superasse una certa soglia, in ragione del rating. Quindi rating e quantità correlati. La quantità è considerata eccessiva al raggiungimento in giù di un determinato rating negativo. Penso che sia molto chiaro, signor Presidente.
Da qui innanzitutto due perplessità. Non si comprende infatti come sia possibile che l'Italia abbia pagato 2,6 miliardi di euro – ripeto ancora, con una frase popolare – senza battere ciglio, conoscendo la riottosità dello Stato italiano a pagare, vero, Pier Paolo Baretta ? Anche tu conosci quanto sia difficile riscuotere crediti dallo Stato italiano. Il Tesoro ha pagato cash, senza battere ciglio, 2,6 miliardi di euro ed è bene che gli italiani lo sappiano: sapete dove erano messi in finanziamento questi soldi ? Sul «salva Italia» del Presidente Monti ! Cioè, si faceva un decreto per rastrellare soldi, per salvare il nostro Paese dalla speculazione e dentro il decreto «salva Italia» c'erano anche questi 2,6 miliardi dovuti alla clausola con il derivato della Morgan Stanley. Sembra una follia eppure è così. Dicevo, senza battere ciglio, ed appare a dir poco discutibile che quantomeno non ci si potesse difendere in qualche modo da questa clausola.
Un altro punto, signor Presidente e signor sottosegretario: l'istruttoria per il processo di Trani ai tempi del pagamento cashera già in corso, non era di là da venire.
Quindi il Governo italiano, il MEF, avrebbe potuto dire a Morgan Stanley: «Aspetta un momento, perché c’è un tribunale italiano, un pubblico ministero italiano che sta indagando sul declassamento. Siccome dal declassamento dipende l'applicazione della clausola per cui tu dovrai avere i 2,6 miliardi, sarebbe opportuno aspettare quanto meno l'istruttoria prima di pagare». No ! Hanno pagato nonostante l'istruttoria presso Trani fosse già in corso. Mostruoso, signor Presidente ! Mai visto nella storia dello Stato italiano !
A tal proposito, nel corso di un'audizione svolta in Commissione finanze alla Camera dei deputati – evviva il Parlamento, finché riesce a produrre questa trasparenza – nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli strumenti finanziari derivati, la dottoressa Maria Cannata, che da quindici anni – quindici ! – è dirigente generale e capo della direzione del debito pubblico, ha avuto modo di argomentare come fosse impossibile – attenzione, signor Presidente – «ribellarsi» a tale clausola. Il termine «ribellarsi», che è un termine atecnico rispetto a un contratto di un derivato, la dice lunga sulla stato di sudditanza psicologica, anche di funzionari che sappiamo tutti competenti, come la dottoressa Cannata. Secondo la dottoressa Cannata, se il Tesoro – senta, senta, signor Presidente – non avesse pagato, il danno reputazionale che ne sarebbe derivato sarebbe stato enorme, con conseguenze assolutamente insostenibili nei confronti dei mercati. La dottoressa Cannata ci dice, cioè, che il legittimo utilizzo da parte del Governo italiano di un'argomentazione non speciosa – «guardate che c’è un'istruttoria in corso, un'indagine in corso, quindi aspettiamo gli esiti dell'istruttoria» – non si poteva usare, questa argomentazione non speciosa, perché altrimenti si sarebbero arrabbiati, perché altrimenti Morgan Stanley si sarebbe arrabbiata, magari si sarebbe arrabbiato anche qualcun altro, e quindi non avremmo più potuto collocare il nostro debito. Ma vi rendete conto, signor Presidente, signor sottosegretario, di cosa ci ha detto la dottoressa Cannata ? Questo vuol dire che non siamo liberi, che questo Paese non è libero, non è libero neanche di esercitare i suoi diritti nei confronti della magistratura sovrana.
Sempre secondo l'alto dirigente del Tesoro – e questa sua audizione in Commissione finanze è molto istruttiva e ci dice molte cose – dal 2011 ad oggi, il numero di operazioni con clausole di questo tipo sarebbe stato ridotto, bontà sua, da 35 a 13 e solo in due casi è avvenuto l'esercizio da parte della controparte, nel giugno e nel dicembre 2014. La dottoressa Cannata, però, non ha specificato chi ha chiuso i due derivati e quanto sia costato. Altri 5 miliardi ? Altri 3 miliardi ? Non si sa, né si conoscono i contenuti dei contratti di derivati dello Stato italiano ancora in essere, chi siano le controparti e per quali importi, quando siano stati stipulati e da chi e con quali clausole. Inoltre, non si ha evidenza pubblica della relazione semestrale che il Ministero dell'economia e delle finanze dovrebbe inviare alla Corte dei conti sulla gestione del debito, prevista dal decreto del Ministero del tesoro del 10 novembre 1995, che fornisca un resoconto dettagliato dell'operatività in derivati, esplicativo delle strategie e degli obiettivi perseguiti, nonché di come vi siano inquadrate le singole operazioni realizzate.
In ogni caso, quello dei titoli derivati stipulati dal Tesoro italiano per ridurre l'incertezza sul servizio del debito pubblico è un tema su cui la verità è ancora lontana dall'essere svelata. Non siamo in possesso, signor Presidente e signor sottosegretario, di tutte le informazioni necessarie per avere un quadro chiaro. Sappiamo soltanto che il totale dei titoli derivati sottoscritti dallo Stato italiano ammonta a circa 160 miliardi di euro, pari a un decimo del prodotto interno lordo del nostro Paese. Sappiamo che le controparti, guarda caso, sono le stesse banche che acquistano sul mercato primario i titoli di Stato italiani, cioè quelle stesse banche che partecipano alle aste e, quindi, dai cui acquisti dipende la collocazione del nostro debito di mese in mese, di asta in asta, e, quindi, interlocutori molto sensibili. Sappiamo che nel 2012 il Governo Monti ha chiuso un contratto in essere con Morgan Stanley realizzando perdite per 2,6 miliardi di euro e che, sull'intero ammontare – udite, udite – si rischiano perdite superiori a 40 miliardi di euro. Questo vuol dire che in ragione dei derivati in essere, i 160 miliardi, e in ragione delle clausole in essi contenute noi abbiamo, all'interno, nel corpo di questi contratti derivati, una perdita potenziale, se si realizzeranno certe condizioni, di circa 40 miliardi di euro.
Per questa ragione, signor Presidente, noi siamo qui a chiedere non solo l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sui fatti del 2011, estate-autunno 2011, ma chiediamo subito la total disclosure, la totale trasparenza, la totale rappresentazione di come sia gestito il debito pubblico italiano, che è una scatola nera, un black box. Nessuno sa niente di come è gestito il debito pubblico italiano; nessuno sa quanti e come sono costruiti questi derivati; nessuno sa le modalità, le regole, le procedure, attraverso le quali si determinano i prezzi; nessuno sa niente!
E, devo dire, è grazie all'inchiesta di Trani che comincia a emergere qualcosa, perché da Trani è emersa l'indagine conoscitiva sui derivati della Commissione finanze di questo Parlamento: grazie all'inchiesta di Trani si è aperto un piccolissimo dibattito tecnico-politico in quest'Aula, e fuori di quest'Aula, per cui ci si chiede chi fa che cosa, quali sono questi contratti derivati, chi opera su questo mercato e come, sulla base di quale trasparenza e a chi si rende conto.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
RENATO BRUNETTA. Per questa ragione noi siamo qui a chiedere totale trasparenza, total disclosure dei contratti derivati, delle loro modalità, e siamo anche qui a chiedere, signor Presidente, trasparenza su un'altra cosa molto inquietante: è il tema delle «porte girevoli». Perché molti direttori generali del Tesoro e molti ministri sono finiti poi a fare i banchieri in quelle stesse banche con le quali avevano stipulato, come ufficiali pagatori da parte dello Stato, contratti di così alta rilevanza? Mario Draghi, Domenico Siniscalco, Vittorio Grilli, Giuliano Amato, Linda Lanzillotta, tutti dirigenti o Ministri che sono finiti, guarda caso, a fare i banchieri in quelle stesse banche con cui, dal Tesoro, avevano concluso i contratti. Persone stimabilissime, da me tutte conosciute. Ma è possibile lo stato di queste «porte girevoli» ?
PRESIDENTE. Concluda.
RENATO BRUNETTA. Trasparenza e regolazione, signor Presidente.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Pier Paolo Baretta, ha facoltà di rispondere.
PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze . Signor Presidente, premetto che l'argomento è stato trattato dettagliatamente in varie occasioni, in particolare in sede di audizione dalla dottoressa Maria Cannata, direttrice della Direzione del debito pubblico, presso la Commissione finanze della Camera dei deputati, in date 10 e 26 febbraio 2015, e da ultimo, proprio l'altro giorno, in data 4 marzo, dal Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, in risposta, in Aula, ad una interrogazione a risposta immediata. La clausola ATE, presente nel contratto quadro (ISDA Master Agreement) fin dalla sua sottoscrizione, nel gennaio del 1994, risultava esercitabile dalla controparte ben prima del 2011, al superamento di soglie di esposizione contenute in funzione del rating dell'Italia. In particolare, dollari 150 milioni ove la Repubblica avesse avuto un rating tripla A; 75 milioni nel caso in cui il rating si collocasse in area doppia A; 50 milioni in caso di singola A. Quindi, per i seguenti livelli di rating: A+; A; A- il limite di esposizione era sempre di dollari 50 milioni.
Nel corso del 2011, il rating della Repubblica Italiana è stato A+ fino al 20 maggio 2011; è poi passato ad A da tale data sino al 19 settembre 2011, per poi passare a tripla BBB+ il 13 gennaio 2012. Nello stesso periodo temporale il valore dell'esposizione in derivati verso la Repubblica Italiana di Morgan Stanley è sempre stato di gran lunga superiore alla soglia di 50 milioni.
Ne consegue che le azioni di rating di Standard and Poor's, nel periodo in esame, non hanno avuto alcun rilievo sulla possibilità dell'esercizio della clausola da parte di Morgan Stanley che, si precisa, sarebbe stata esercitabile da anni, ma della quale la banca non aveva mai manifestato di volersi avvalere.
Peraltro, il Tesoro ha attivamente negoziato la ristrutturazione e la chiusura di buona parte del portafoglio, al fine di ridurre il più possibile l'impatto sui conti pubblici; questo prima dell'azione di rating del 13 gennaio 2012.
Per quanto riguarda la costituzione di parte civile nel processo in corso a Trani contro le due agenzie di rating, si fa presente che gli andamenti di mercato sono influenzati da una molteplicità di fattori, ancor più nel periodo preso in considerazione dal procedimento, per cui è oggettivamente arduo isolare l'effetto specifico indotto dalle sole azioni di rating sulle quotazioni degli strumenti finanziari. Peraltro, le rilevazioni effettuate nei giorni immediatamente successivi alle date indicate nelle imputazioni non hanno mostrato movimenti significativi in peggioramento, né si sono tenute aste di titoli di Stato. Poiché la costituzione di parte civile rappresenta opzione processuale per la richiesta di danni alternativa rispetto a quella da proporre nella sede civile, conseguentemente si terrà conto degli ulteriori elementi che dovessero emergere.
Sul fronte della trasparenza, si fa presente che tutte le informazioni possibili sono presenti già sul sito del Ministero, con un livello di trasparenza più ampio di quello della maggior parte degli emittenti sovrani.
Da ultimo, per quanto riguarda il tema delle incompatibilità, si precisa che il comma 16- ter dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, aggiunto dalla legge 6 novembre 2012, n. 190, prevede che i dipendenti pubblici che negli ultimi tre anni abbiano esercitato poteri autoritativi e negoziali per conto di pubbliche amministrazioni, non possano svolgere, nei tre anni successivi, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. Tale disciplina è generale per tutti i dipendenti pubblici e, per effetto del richiamo contenuto nell'articolo 21 del decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39, appare applicabile anche ai vertici ministeriali.
PRESIDENTE. L'onorevole Brunetta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, non me ne voglia l'amico sottosegretario Baretta, però questa sua risposta non è altro che il taglia incolla dell'audizione della dottoressa Cannata e della risposta al question time della scorsa settimana. Non è molto serio, non lo dico al dottor Baretta, non è molto serio comportarsi così da parte del Governo. Non si va in Aula, in Parlamento, con un taglia incolla. Secondo punto di cui il sottosegretario Baretta non è responsabile: io avevo chiesto che venisse il professor Padoan qui oggi, data la rilevanza del tema, e il professor Padoan non è venuto. Vorrei dire, con un po’ di retorica, che non ha avuto il coraggio di venire, ma conoscendolo da tempo, conoscendo da tempo il collega Padoan, penso che sia stato impedito, non so da cosa, ma forse posso pensare da cosa sia stato impedito. Vede, signor Presidente, sto facendo lo sforzo di far capire agli italiani cosa sia successo in quell'estate e autunno del 2011, quando un Governo regolarmente eletto è stato fatto cadere, sulla base della speculazione finanziaria che ha colpito non solo il Governo, ma tutto il nostro Paese, le nostre famiglie e le nostre imprese. E la verità sta lentamente venendo a galla proprio anche e soprattutto grazie all'indagine di Trani, ma sopratutto grazie anche all'ineffabile – ineffabile perché non se ne è mai parlato – audizione della dottoressa Cannata. Vede, la dottoressa Cannata ci ha raccontato candidamente che tra il tesoro e le venti banche, che fanno il bello, il brutto e il cattivo tempo – le chiamerei le venti sorelle, riecheggiando il cartello del petrolio – tra le venti sorelle e il tesoro c’è un rapporto incestuoso. Sì, signor Presidente, incestuoso, vale a dire che prestano e ricevono, prestano e, di fatto, condizionano, ricattano, ricattano a tal punto che all'apparenza – mi scusi se penso male – portano ad impedire di fatto al Governo italiano di costituirsi parte civile, perché anche questo avrebbe, usando le parole della dottoressa Cannata, condizionato la nostra reputazione nei confronti delle banche creditrici, cioè come dire: non esercitare un tuo diritto nei confronti di un tribunale della Repubblica, perché se lo farai perderai la reputazione. Ma quale reputazione ? La reputazione di chi deve pagare e deve stare anche zitto, deve stare anche buono ? Si è sempre parlato con retorica dei mercati: i mercati giudicheranno il nostro Paese, i mercati giudicano il nostro debito, i mercati giudicano i nostri titoli pubblici, ma qui non siamo di fronte ai mercati, questa nobile cosa. Qui siamo di fronte a venti banche, a venti gruppi bancari quasi tutti internazionali, che fanno il bello, il brutto e il cattivo tempo sulla gestione del nostro debito, il che vuol dire, signor Presidente, sulla vita del nostro Paese. Perché noi qui ce la battiamo tutti i giorni con le leggi, gli emendamenti, le manovre, le leggi finanziarie, dopodiché oscuri funzionari delle banche e nobili funzionari del tesoro decidono, nella più completa opacità, della nostra vita. Rapporto incestuoso, rapporto di sudditanza psicologica, signor Presidente, da parte del nostro tesoro e dei nostri funzionari, forse da parte anche dei nostri Ministri, nei confronti di queste banche. Paga e taci, paga e sta zitto, ma si rende conto che l'esposizione di Morgan Stanley – è stato detto anche dal sottosegretario – era di 50 milioni e la clausola è valsa due miliardi e mezzo ? Pier Paolo, hai fatto questo conto: 50 – 2 miliardi e mezzo ? Ma quando mai una clausola vessatoria rispetto a un contratto ha una valenza di un multiplo così rilevante rispetto al contratto stesso ? Di solito la valenza di una caparra, di una penale è un sottomultiplo, non un multiplo; 50-100 cento milioni di euro di esposizione di Morgan Stanley con una penale di 2 miliardi e mezzo, ma siamo impazziti ? E di queste cose non si è mai saputo nulla. Io che faccio di mestiere l'economista e che ho fatto il Ministro non ho saputo nulla. Io che in quei mesi facevo il Ministro in quel Governo di quell'estate e autunno 2011 non ho saputo nulla, perché nulla era dato sapere e anche oggi nulla è dato sapere. Opacità, opacità totale, mai finita, signor Presidente e signor sottosegretario. La non presenza qui del professor Padoan non aiuta. Avrei voluto guardarlo negli occhi, avrei voluto chiedergli: caro Pier Carlo, perché non fai trasparenza ? Perché non ci dici tutta la verità di quel periodo ? Non la dici all'Italia non a me, non a quest'Aula, non la dici all'Italia. Qual è il rischio ancora in corso ? Quali sono i rapporti leonini che legano queste banche al nostro tesoro ? Per questa ragione, signor Presidente, sono qui a chiedere la Commissione parlamentare d'inchiesta, sono qui a chiedere la total disclosure, trasparenza, la einaudiana trasparenza: conoscere per deliberare. Quello che è cominciato ad emergere nei giorni scorsi, quel piccolo dibattito che anche oggi contribuiamo a formare, è solo grazie al processo di Trani, processo di Trani osteggiato in tutti i modi, ridicolizzato, sottovalutato, oscurato dalla stampa. Ma per la prima volta oggi in quest'Aula, vivaddio, in questo Parlamento, vivaddio, nella storia della Repubblica, c’è un dibattito sul debito, su chi opera su questo debito, sui Ministri, sui funzionari, sui direttori generali, sulle banche, sui contratti derivati, sulle clausole dei contratti derivati. Per la prima volta ! Fino ad oggi la gestione del debito pubblico italiano, la gestione del debito pubblico, non la formazione del debito pubblico italiano, su cui si sa tutto politicamente, ma la gestione del debito pubblico italiano finora è stata un buco nero, una scatola nera da cui non è venuta fuori nessuna informazione.
Sono un buco nero le regole, le prassi, i comportamenti pregressi. Se c'era tanta capacità di gestione, come ci dice la dottoressa Cannata nella sua famosa audizione, e tanto controllo del debito, perché nell'estate-autunno 2011 i rendimenti dei titoli di Stato andarono così alle stelle e si creò il panico ? Perché, se tutto era sotto controllo e se le aste sono andate tutte completate, ci fu tanto panico ? Ma se le venti banche amiche che comprano alle aste erano così ben disposte, perché ci fu tanto panico, signor Presidente ? Perché si disse che l'Italia era sull'orlo del baratro, quando i titoli delle aste furono tutti collocati, tutti, ancorché a rendimenti elevati ?
Fu vera crisi quella dell'estate-autunno 2011, signor Presidente e signor sottosegretario, o fu un vero imbroglio, per soldi e per potere ? Dov'era la crisi strutturale del nostro Paese ? Dov'era l'orlo del baratro ? Dove erano gli stipendi dei dipendenti pubblici, che rischiavano di non essere pagati, come ci disse il Presidente Monti, che, da un lato, lanciava questi messaggi e, dall'altro, pagava cash 2,6 miliardi di euro a Morgan Stanley per la famigerata clausola di salvaguardia ? Sì, a Morgan Stanley !
I titoli di Stato hanno raggiunto quei rendimenti troppo alti perché il Tesoro, che con le venti banche che acquistano quei titoli abbiamo visto che parla tanto, ha concesso a quelle banche amiche quelle condizioni. Ma era proprio inevitabile arrivare a quei rendimenti con delle banche amiche, con banche con cui, come ci dice sempre la bravissima dottoressa Cannata, vi era un lungo, antico, rapporto di fiducia? E perché tanto panico, se c'era tanta fiducia?
Tra l'altro, si diceva che i fondamentali del nostro Paese erano al collasso, al disastro. Abbiamo guardato i fondamentali di allora e i fondamentali di oggi? Allora il rapporto debito/PIL era al 121 o al 122 per cento, ora è 10 punti di più; allora la disoccupazione era quattro punti inferiore all'attuale.
Ne deriva, signor Presidente, che non solo quello fu un imbroglio, ma che vi fu un vero assalto alla diligenza, per soldi e per potere. Qualcuno ha fatto i soldi in quell'estate-autunno 2011 e ha continuato a farli anche nel 2012, e qualcun altro ha fatto un altro bottino, un bottino politico. Si è spostato l'asse del consenso, con un grande costo democratico, perché da allora non vi è stato più alcun Governo eletto e voluto direttamente dal popolo attraverso le elezioni.
Per questo, chiedo ancora la Commissione parlamentare di inchiesta su quell'estate-autunno 2011 e chiedo la Commissione di vigilanza sul debito. Basta opacità, basta omissis, basta «non si può dire», dottoressa Cannata, ma ci vuole total disclosure. E non è vero, dottor Baretta, che le nostre condizioni di trasparenza siano superiori a quelle della media degli altri Paesi, non è affatto vero ! È una falsità ! E, in ogni caso, date le nostre condizioni, la trasparenza diventa l’asset fondamentale da cui ripartire. La ringrazio, signor Presidente.

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